Balbuzie: perché si manifesta.

La balbuzie è un difetto fonetico, un’alterazione del ritmo della parola, che può manifestarsi fin dall’infanzia.

Si genera nel momento in cui viene a mancare la necessaria coordinazione fra l’impulso dell’emissione della voce e l’abilità dell’individuo stesso nel saper articolare la parola.

Le conseguenze più note sono l’eccessiva velocità nell’impulso di emissione della voce, seguita da pause improvvise, e la ripetizione di lettere e sillabe, con sostituzione o abolizione di alcuni elementi di esse. Una volta compreso il significato della balbuzie, è importante capire perchè si manifesta come problema ben più profondo.

QUALI SONO LE CAUSE PRINCIPALI DELLA BALBUZIE?

Vediamo insieme di scoprirle, addentrandoci in questo universo parallelo, risalendo all’origine del problema che coinvolge negativamente la vita di molte persone.

Esclusa la tesi di balbuzie come conseguenza di un disturbo più complicato, legato all’insorgenza di ictus o neoplasie alla testa, o ad una irregolarità nella respirazione (specie nell’inspirazione), la balbuzie è riconducibile ad una determinata condizione: si svilupperebbe, infatti, in individui eccessivamente emotivitimidi, o suscettibili.

Un aspetto non trascurabile, anzi, quello più accreditato.

Il disagio nella comunicazione, in questi individui, è solo il culmine di una sofferenza intima: inibisce sempre di più chi ne è affetto, creando uno stato di ansia, fatto di paure ed escamotage per nascondersi (sguardo basso, tic nervosi).

Uno stato di agitazione, non sempre controllabile, che quando non sfocia in depressione, induce ad assumere un atteggiamento schivo, per non incontrare il giudizio quasi sempre irrisorio di chi ascolta (e non comprende).

Rispetto a questo tipo di balbuzie, quella “primaria” e quella “secondaria” spesso si manifestano durante l’infanzia, o comunque in età scolare. Possono fortunatamente essere corrette (anche se la balbuzie secondaria è più complessa) mediante la rieducazione fonetica esercitata in istituti specializzati.

Una pratica che induce ad acquisire il metodo come naturale abitudine, fino a far scomparire il problema ed il rischio di recidive.

La balbuzie acquisita di origine psicogena, invece, accende i riflettori sulla causa primaria più imputabile: un evento traumatico, dalla delusione amorosa alla perdita di una persona cara, che scatena una reazione psicologica eccessiva.

Dunque, un problema ben più radicato s’insinua dietro questo tipo di balbuzie, che nulla ha a che fare con l’ereditarietà. Così pare, stando agli studi più attendibili.

Per citare un famoso ricercatore, Joseph Sheehan, potremmo prendere come riferimento un iceberg. La vittima di una spiacevole circostanza sente un grande disagio, sviluppando atteggiamenti “autoimmuni” (che combattono il corpo stesso), fra cui la mancanza di autostima e la vergogna di sè; il soggetto afflitto esprime il suo dolore attraverso un problema comunicativo con disordini verbali. 

Ecco il parallelismo iceberg-balbuzie.

Laddove il corpo dell’iceberg è rappresentato dalla vergogna di sè (atteggiamento negativo consequenziale), e la punta dell’iceberg dalla balbuzie.

Benchè si tratti di un’ipotesi plausibile, di una causa scatenante, che aiuta a classificare questo tipo di balbuzie, il problema è molto più complicato purtroppo. Sulla fragilità già spiccata della problematica si va ad innescare un altro meccanismo, ancora più contorto.

Il problema di non riuscire a parlare in modo fluido si sdoppia. Anche pensare, prima di esprimersi, quali parole non riusciranno a trasformarsi nel pensiero formulato, costituirà una barriera insormontabile.

“Quando il conscio riceve dall’inconscio memorie infantili frustranti… la parola, piuttosto che divenire veicolo del suo turbamento si blocca e il pensiero resta in bilico tra mente e psiche”.

Così scriveva Sigmund Freud, per rimarcare la difficoltà del balbuziente nell’esprimersi, quando dall’intimo arriva un impulso non positivo. Tesi confermate, negli anni, da rinomati foniatri e neuropsichiatri.

Imparare a “pensare senza blocchi” è l’obiettivo di molti coach del settore, abili a rieducare il linguaggio tramite corsi specifici. Metodi efficaci, accostati a pratiche che ricordano i principi della terapia cognitivo-comportamentale.

Fonte: Marco Santilli

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Pubblicato da *LorySmile*

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