fbpx

Storia della bellezza: costumi, trucchi, moda nella storia.

Evoluzione storica dei canoni estetici.

Si parla di canoni estetici, o di “bellezza” solo dall’epoca classica, per questo da fonti documentate possiamo solo capire come in varie epoche diverse culture cercavano di far apparire gradevole il proprio aspetto. Già nell’età dell’antico Egitto, già tremilacinquecento anni prima di Cristo, importavano oli, minerali ed unguenti dall’oriente ed i sacerdoti confezionavano in recipienti di alabastro, timo, mirra, origano, lavanda, incenso, olio di sesamo, olio di oliva ed olio di mandorle. I prodotti venivano usati per la mummificazione, ed altri come unguenti per il viso e per il corpo; sulla scia degli antichi egizi, altri popoli del mediterraneo assimilarono tali tecniche. Nell’antico Egitto era diffusa anche la cosmesi, e non solo tra donne, per il bistro (kohol) era largamente usato l’antimonio, gli Ebrei invece si limitavano ad oli e profumi, ma non cosmetici. Nell’età classica tra i Greci non è chiaro quale fosse il concetto preciso di bellezza tra gli antichi ellenici nel periodo pre-classico; Omero attribuiva la perfezione fisica agli eroi e le divinità, l’armonia e perfezione del fisico, con guance rosate per gli uomini e occhi cerulei con bianche braccia se erano donne. Uomini e donne usavano oli profumati di rosa, gelsomino e nardo per ungere il capo ed il corpo dopo il bagno e le donne erano solite truccarsi il viso con una crema a base di biacca proveniente da Rodi; tale usanza delle donne era però vietata durante i lutti e le cerimonie dedicate a Demetra. I romani a contatto con la cultura dell’antica Grecia (dopo aver vinto i Greci) ne assimilarono le usanze e costumi. Nel I secolo a.C. Vitruvio scrisse: ” … la natura ha composto il corpo umano in modo tale che il viso, dal mento all’alto della fronte e alle più basse radici dei capelli, fosse la decima parte del corpo; la terza parte del viso, considerata in altezza, è dal mento alla base delle narici; un’altra terza parte è costituita dal naso stesso considerato dalla base delle narici al punto d’incontro delle sopracciglia e la terza parte va da lì alla radice dei capelli.”

I dipinti e resti archeologici ci dicono abbastanza degli usi dei romani; Ovidio addirittura pubblicò un manuale della bellezza ( “De medicamine faciei feminae” ). A Roma non si conosceva il sapone, anche se ci viene tramandato il famoso bagno di latte di Poppea, e tutti lo usavano come detergente, dopo il bagno era solito cospargersi di olio di oliva. Successivamente i romani impararono ad usare una forma primitiva di sapone diffusa fra i Celti. Nel Medioevo le invasioni dei popoli dell’Europa nord-orientale e lo sconvolgente mutamento culturale che ne consegue per l’ex Impero Romano, rendono superfluo tutto ciò che non è un bisogno primario: i modelli estetici classici non hanno alcun senso e gli invasori possono proporre, tutt’al più, l’uso di burro acido per lucidare i capelli. Ma anche questi selvaggi conquistatori furono lentamente conquistati dalla civiltà dei vinti. Finalmente per un po’ di buon gusto bisognerà aspettare l’epoca feudale ( X sec. d.C. ), quando dai castelli franco-provenzali si diffonde il modello culturale cortese che restituisce una qualche gentilezza al vivere civile. Ne deriva un recupero di valori tra i quali l’apprezzamento per la bellezza, specie quella femminile, esaltata dai trovatori che, viaggiando di corte in corte, diffondono con i loro canti la fama di bellissime castellane che, senza averne piena coscienza, contribuiscono a creare dei nuovi canoni estetici, pur se quasi esclusivamente femminili.

venereE’ il modello di una bellezza nordica quello che si impone, prima attraverso la letteratura, poi attraverso le conquiste militari: la carnagione chiara, i capelli biondi e gli occhi azzurri, che sono caratteristiche fisiche di Normanni e Svevi, diventano il segno della distinzione sociale e condannano i più diffusi colori scuri, tipicamente mediterranei, ad essere indice di subalternità. “Biondo era di bello e di gentile aspetto.” disse Dante presentando Manfredi di Svevia, e bionde sono le madonne sacre o profane che siano. I manuali di bellezza dell’epoca suggeriscono alle donne come rendere candido e liscio il viso con biacca, allume, borace, limone, aceto e chiara d’uovo, e biondi i capelli con tinture e lozioni a base di vegetali e minerali, rosse le labbra con minio e zafferano e bianchi i denti con la salvia. Benché la morale cristiana condanni questi costumi (v. Jacopone da Todi nella Lauda “L’ornamento delle donne dannoso”) o la satira ne faccia oggetto di sberleffo (v. Boccaccio in “Corbaccio”) la moda imperversa e le donne stesse preparano da sé i loro belletti se non possono ricorrere ai “merciai”.

Nel Rinascimento l ‘ammirazione per il bello inteso come perfezione e armonia riporta in primo piano i canoni estetici classici ed il bisogno di ricercare rimedi indispensabili per rendere perfetto ciò che non lo è del tutto. Nel 1562, G. Mariniello scrive il primo trattato di cosmetologia dell’Occidente (“Gli ornamenti delle donne”) e non è un caso che a farlo sia un italiano: in Italia infatti predomina una concezione di vita che celebra la bellezza del corpo e gli italiani sono i primi artefici dei profumi. Grazie ad i mercanti veneziani o fiorentini preziose sostanze orientali vengono riversate sul mercato per soddisfare le aspirazioni di uomini e donne desiderosi di piacere e di piacersi; una vera mania per i belletti ed i profumi si diffonde nelle classi più abbienti: vaporizzazioni di mercurio, bistecche crude sulla pelle, ricette segretamente preparate e riservate a pochissime elette permettono alle dame delle corti signorili di avere quell’aspetto che pittori come Botticelli o Tiziano hanno eternato. Quando Caterina de Medici sposa il re di Francia porta con sé, a Parigi, Renato il suo profumiere personale che darà origine ad una produzione locale di cosmetici (seconda metà del 1500).

Tra il 1600 ed il 1700 è l’epoca delle teste incipriate, dei nei finti su viso, spalle e décolleté. La toilette di dame e cavalieri esige parecchio tempo: bisogna preparare il viso con poca acqua e alcool profumato; vi si stende sopra un unguento fatto con pasta di mandorle e grasso di montone e poi la biacca. Il viso diventa una tavolozza su cui col bistro si ridisegnano occhi e sopracciglia e si spennella un liquido rosso (in ben 12 sfumature!) per dar colore. Addirittura si usa una sorta di cosmetico blu per sottolineare le vene. Il modello estetico viene sempre dalla corte, specialmente quella di Francia, e a Parigi, Mademoiselle Martin, profumiera reale, è l’arbitro dell’eleganza femminile. A soddisfare prontamente i bisogni estetici dei cortigiani sono addirittura poste in commercio delle trousses che contengono belletti bianchi e rossi, matita per labbra e nei finti.

In Inghilterra invece, nel 1770, il Parlamento emette un decreto secondo il quale sarà condannata come strega qualunque donna abbia conquistato un marito tramite capelli finti, tacchi alti, profumi e belletti ed il matrimonio sarà annullato. Nell’età contemporanea i radicali mutamenti determinati dalla rivoluzione industriale e l’avvento della borghesia portano nuovi modelli di vita e nuovi costumi. Lo spirito pratico dei borghesi è immune dai fasti e dagli eccessi coltivati finora; anzi, gli ideali forti del Romanticismo fanno emergere l’interiorità di uomini e donne il cui aspetto fisico sarà specchio di animi tormentati e inquieti: “Solcata ho la fronte, occhi incavati intenti crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto, labbro tumido acceso e tersi denti, capo chino, bel collo e largo petto; giuste membra.” Si presenta così Ugo Foscolo (1778-1827), affascinante esemplare maschile dell’epoca. Il vero diventa soggetto dell’arte e questo canone porta alla ribalta le classi sociali subalterne e, per la prima volta nella storia, si scoprirà la bellezza anche in personaggi minati dalla tisi, filatrici di seta, lavandaie e sartine, in contadini e pescatori. Una relativa sobrietà di costumi tipicamente borghese coinvolge le classi sociali più abbienti e la bellezza non è più potenziata da “ritocchi” evidenti e da abiti particolarmente sfarzosi che sono invece riservati alle donne di malaffare.

Il progresso industriale consente il nascere delle prime industrie cosmetiche e nel 1890, a Parigi, Madame Lucas fonda la prima Maison de Beauté. Il XX secolo si apre su scenari drammatici: la Prima guerra mondiale porterà morte e fame in Europa e ci sarà poco da disquisire su ciò che è bello; la situazione si ripete tra un ventennio con la Seconda guerra mondiale. In mezzo, in Italia e Germania, la dittatura che, programmando la vita quotidiana del popolo, proporrà modelli autocelebrativi: uomini belli e virili come il capo fatti per essere soldati e donne floride e prosperose fatte per essere spose e madri di soldati. Negli anni venti comunque, per la prima volta nella storia, le donne avevano voluto tagliare i capelli alla garçon, avevano abbandonato abiti lunghi, sottogonne, busti e gardenfant per indossare abiti dalle linee morbide e scivolate e soprattutto dall’orlo al ginocchio. Nel secondo dopoguerra sarà il cinema, soprattutto quello americano, a proporre i nuovi canoni: le vamp bionde platinate, brune appetitose o rosse incendiarie, tutte formose, saranno le ispiratrici della moda, del look, dello stile di vita di donne di ogni ceto sociale mentre per gli uomini varranno i modelli del duro, del rubacuori o del bel tenebroso. Lo sviluppo successivo di altri mezzi mediatici, televisione e rotocalchi in particolare incentiveranno la tendenza, sempre più attuale, ad assumere come canoni quelli proposti dal mondo dello spettacolo e delle passerelle.

Le migliori disponibilità economiche ed i nuovi ritrovati della scienza, della cosmetologia, delle tecniche chirurgiche e della medicina, consentono a uomini e donne della nostra epoca di adeguarsi sempre più pienamente ai modelli proposti e scelti alla ricerca di una perfezione che, purtroppo con la cultura del consumismo ha l’inconveniente di passar presto di moda.

Pubblicato da *LorySmile*

Semplice, ingegnosa e ironica. "Le apparenze ingannano." Karma. Resilienza. Vivi e lascia vivere. Chi vince delle volte perde, chi pere delle volte vince.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *